Pillole di psicologia giapponese

Secondo le scritture zen esistono quattro tipi di cavallo. Il primo è il migliore. Obbedisce alla volontà del cavaliere prima ancora di vedere l’ombra della frusta. Il secondo reagisce non appena sente la sua voce o vede l’ombra della frusta. Il terzo si mette a correre quando avverte il dolore della frusta sulla pelle. Il quarto si muove solo quando il dolore gli penetra fino al midollo delle ossa. Quando si tratta di passare all’azione che tipo di cavallo siete?

Passare all’azione è curativo

Passare all’azione, cioè fare quello che va fatto quando va fatto, è fondamentale per il nostro benessere, per la nostra salute mentale. Quindi se siete degli eterni procrastinatori, se avete cioè la tendenza a rimandare costantemente quello che vi siete prefissati oppure avete l’abitudine di lasciare le cose a metà, dovete assolutamente cambiare atteggiamento ed imparare l’arte di passare all’azione. Se ripensate un attimo all’ultima volta che avete fatto quello che vi eravate preposti di fare, sono convinta che vi ricorderete sicuramente la grande soddisfazione sperimentata. Infatti il contrario, cioè non portare a termine i propri impegni, accresce l’ansia (come farò a chiudere in tempo questo progetto?), favorisce la depressione (anche questo anno non ho combinato nulla di importante), alimenta conflitti interpersonali e la perdita di fiducia degli altri (avevi promesso che te ne saresti occupato e non l’hai fatto. Sei inaffidabile).

Ma cosa vuol dire passare all’azione? Fondamentalmente vuol dire due cose:

Capire cosa fare;

Fare quello che sappiamo bisognerebbe fare.

Come si fa a sapere cosa fare? In realtà spesso ci troviamo già nel secondo step, cioè sappiamo esattamente cosa dovremmo fare ma non lo facciamo: dovremmo smettere di fumare, dovremmo fare un pò di attività fisica, dovremmo andare a letto prima… sappiamo esattamente quale azione dovremmo mettere in atto per risolvere il nostro problema e/o stare meglio, ma non lo facciamo. In tutti questi casi l’unica soluzione all’inazione è semplicemente passare all’azione, iniziare a farlo! A volte invece ci troviamo nella situazione in cui non abbiamo la più pallida idea di cosa fare (cambiare posto di lavoro, lasciare il proprio compagno…), siamo confusi e prede dell’indecisione. Altre volte invece siamo nella situazione in cui non sappiamo a quale azione dedicarci. Siamo così impegnati che non sappiamo darci delle priorità. In quest’ultimo caso è fondamentale imparare a distinguere tra quello che è urgente e quello che è importante.

La differenza tra “urgente” e “importante”

Pagare una bolletta è un impegno urgente, mentre per esempio fare del volontariato è un impegno importante. Le iniziative urgenti sono cioè quelle che dobbiamo fare rispettando una certa scadenza, mentre quelle importanti non impongono di rispettarne una in particolare. Capita spesso che abbiamo così tanti impegni urgenti che non riusciamo a dedicare neanche un minuto a quelli importanti. E così passano i giorni, i mesi, gli anni e ci ritroviamo a non aver fatto quello che volevamo veramente fare, rimpiangendo di aver sprecato il nostro tempo. Infatti il fatto di essere indaffarati non implica che stiamo facendo quello che è importante, necessario o significativo per noi. E’ fondamentale quindi riuscire a dedicare regolarmente un pò di tempo a quelle attività che per noi sono importanti, per non ritrovarci poi un giorno a rimpiangere di non avere più abbastanza tempo per farlo. Psicologi Firenze

Dopo aver ben capito la differenza tra urgente e importante, la domanda da farsi è a quale azione mi devo dedicare ORA? che tradotto significa quale è il mio obiettivo?

Infatti ogni qual volta sto facendo qualcosa non sto facendo tutte le altre cose. Quindi diventa fondamentale saper stabilire delle priorità in base a cosa è importante per noi, in base a quanto sono coerenti con il nostro obiettivo.

L’autoriflessione

Qual è il mio obiettivo? E’ davvero questa l’azione più importante che posso compiere in questo momento? Qual è l’impatto delle mie azioni sul mondo circostante? Le mie scelte sono coerenti con i miei obiettivi e valori più grandi? Farsi queste domande quando si sta facendo qualcosa è un ottimo modo per verificare se quello che si sta facendo è effettivamente quello che si deve fare. Domande di questo tipo richiedono autoriflessione, cioè la capacità di fermarsi e guardare la situazione da una “certa distanza”, con un’ottica diversa, osservando il quadro generale. L’autoriflessione è importante per capire quale azione intraprendere proprio perchè la distanza aiuta a vedere la situazione con più chiarezza. Praticare l’autoriflessione aiuta a non agire in base all’urgenza ma secondo quello che è importante per noi. Questo ovviamente non vuol dire bandire la spontaneità, ma semplicemente che, se non siamo bravi quando si tratta di passare all’azione e a perseguire i nostri scopi, allora dobbiamo migliorare nell’autodisciplina.

Imparare a rischiare

Per raggiungere i nostri obiettivi dobbiamo iniziare a fare, passare all’azione. E per farlo dobbiamo imparare a correre qualche rischio, anche se non è facile. Siamo infatti animali abitudinari. Nella nostra vita tendiamo a ripetere sempre lo stesso schema, ad andare sul sicuro, a mantenere lo status quo. Avendo lavorato come formatrice, spesso ho fatto notare ai partecipanti ai corsi la loro tendenza a sedersi sempre nello stesso posto. Prima ancora di entrare in classe, sapevo già dove li avrei trovati seduti, e non ho quasi mai avuto sorprese al riguardo. Quindi se tendiamo ad andare sul sicuro, sul conosciuto anche per cose così poco impegnative, figuriamoci per gli ambiti più importanti della nostra vita. Cerchiamo infatti di riempirci l’esistenza con il noto e di evitare l’inaspettato per avere un’illusione di sicurezza e tranquillità. Sono la nostra cultura e la società in cui viviamo che ci spingono a non rischiare e questo in alcuni casi è un bene (cinture di sicurezza, sesso protetto, backup dell’hard disk, ecc…). Il problema è se la “sicurezza” diventa il tema centrale e dominante di tutta la nostra vita, perchè questo potrebbe impedirci di fare cose significative ed importanti per noi e farci avere molti rimpianti. Se vi fermate un attimo a riflettere sulla vostra vita, sicuramente scoprirete che, quasi tutte le cose che danno significato a questa, vi hanno imposto di correre un rischio moderato o grande, vi hanno richiesto di abbandonare la vostra comfort zone. Quando evitiamo di correre rischi, rimanendo intrappolati nell’abitudine della sicurezza, siamo prigionieri nella nostra vita.

Accettare per agire (arugamama)

Di fronte ai problemi o a condizioni sgradevoli la tendenza comune è quella di cercare di manipolare la situazione in modo da farla adattare a noi e non viceversa. Ad esempio, se fa caldo accendiamo l’aria condizionata, mentre se fa freddo alziamo il riscaldamento finchè la temperatura in casa non ci aggrada. E questo tendiamo a farlo anche quando il disagio sperimentato è di tipo emotivo, cerchiamo cioè di sottrarci a questa sensazione spiacevole come se fosse il freddo invernale o il caldo estivo. E per farlo le strategie che usiamo generalmente sono:

l’evitamento;
la rassegnazione;
la lamentela.
Quando utilizziamo l’evitamento come strategia, decidiamo di non affrontare il problema e/o la condizione sgradevole ma di resistergli. Cerchiamo di fuggire i nostri sentimenti e pensieri evitando quello che ci provoca fastidio e dedicandoci a quello che ci fa stare bene. Quindi resistiamo all’esperienza emotiva sgradevole, ma questo non fa altro che aumentare il fastidio, invece che farlo diminuire.

Con la rassegnazione invece accettiamo il nostro stato emotivo ma non mettiamo in atto alcuna azione. Ci lasciamo cioè travolgere dai nostri sentimenti ed emozioni, sprofondandoci.

Infine con la lamentela ci rassegniamo al problema e/o condizione sgradevole e contemporaneamente, lamentandoci, ricordiamo in continuazione a noi e agli altri quanto siamo infastiditi da questa situazione. Questo non porta nessun beneficio e/o cambiamento, ma anzi aumenta la sofferenza poichè più ci lamentiamo e più concentriamo la nostra attenzione sul fastidio provato.

Ma allora cosa si dovrebbe fare di fronte ai problemi e alle situazioni sgradevoli? Secondo lo psichiatra giapponese Shoma Morita (1874-1938) dovremmo praticare l’arugamama, cioè “prendere le cose come sono”: quando abbiamo caldo, dobbiamo permettere a noi stessi di avere caldo. Quando siamo ansiosi, dobbiamo permettere a noi stessi di provare ansia. Quando siamo depressi, dobbiamo consentire a noi stessi di sentirci depressi e disperati. Non dobbiamo evitare quella esperienza emotiva, ma contemporaneamente dobbiamo continuare a fare ciò che per noi è importante. L’arugamama è l’arte della non resistenza: non è necessario sgominare o sopraffare la depressione. La accettiamo senza provare a scappare e la invitiamo a stare con noi mentre prepariamo la cena, facciamo la spesa o portiamo a spasso il cane. L’ansia è al nostro fianco mentre facciamo la nostra presentazione davanti ad una sala affollata. Infatti è solo accettando la situazione, senza fuggire o lamentarci, che possiamo andare avanti e vivere in modo significativo. L’accettazione risulta quindi fondamentale per l’azione.

Il kaizen

Il kaizen, che tradotto significa cambiare in meglio, è un programma di sviluppo aziendale giapponese che si basa sul miglioramento continuo, i cui principi fondamentali sono stati studiati dallo psicologo Robert Maurer e applicati al cambiamento personale. Il concetto di base è che per cambiare non si devono fare grandi stravolgimenti ma iniziare con un piccolo passo. Infatti più piccoli sono i cambiamenti e minore è la paura di fallire e anche la fatica nel metterli in pratica. Iniziare con azioni piccole e insulse non genera in noi alcuna resistenza e non ci da ragioni per rimandare o evitare il compito. Ma a forza di piccole azioni concrete, piccoli cambiamenti, si generano nuove abitudini permanenti e si innesca un circolo virtuoso che porta alla fine a raggiungere l’obiettivo che ci si era prefissati. La strategia del kaizen è quindi l’esatto contrario di quella di chi compra il biglietto della lotteria e spera in un colpo solo di cambiare completamente la propria vita. Il Kaizen richiede di apportare cambiamenti nel tempo, piccoli mutamenti incrementali. Segue la logica della natura: le piante perenni estendono il proprio territorio di qualche centimetro ogni primavera, allungando i propri rami un pochino ogni anno. Quindi quello che dobbiamo fare è avere un obiettivo chiaro, iniziare con un piccolo passo alla volta e ripetere con pazienza questa formula ogni giorno. Uscire dalle dipendenze

Riassumendo

Una delle più grandi cause del nostro stress è l’incapacità di raggiungere un obiettivo che ci eravamo prefissati. Vuoi perchè ci prendiamo più impegni di quanti possiamo effettivamente gestire, vuoi perchè tendiamo a rimandare e aspettare sempre l’ultimo minuto per fare qualcosa. Spesso il vero motivo è che non abbiamo voglia di fare le cose che vanno fatte. Come fare? Le regole fondamentali sono:

Accettare i propri sentimenti (di pigrizia, di noia, di paura, di ansia, ecc..);
Fare chiarezza sull’obiettivo che vogliamo realizzare (quali sono le cose importanti per me?);
Agire con costanza, iniziando da una piccolissima e poco impegnativa azione (il kaizen).
Mettere in pratica queste “semplici” regole vuol dire diventare più affidabili. Questo aiuta a raggiungere gli obiettivi prefissati, incrementa la fiducia e la stima in se stessi e soprattutto ci fa vivere meglio, meno stressati e più soddisfatti.

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